Smartwatch e competenza: il cambiamento non sta arrivando, è già successo
Entrando in un reparto ospedaliero, non è raro vedere che quasi tutti gli infermieri indossano uno smartwatch. I medici, molto molto meno. Questo piccolo dettaglio rivela una frattura più profonda: la distanza crescente tra chi adotta la tecnologia e chi la subisce.
Quando si afferma che l’intelligenza artificiale sostituirà il medico, si sta dicendo, più precisamente, che le competenze sostituiranno l’incompetenza. E non si tratta solo di saper maneggiare un algoritmo, ma di conoscere gli strumenti che il paziente ha già al polso, in tasca o a casa.
Chi sa come funziona uno smartwatch può:
- spiegare al paziente cosa misura e perché è utile,
- dare indicazioni di follow-up più precise e continue,
- proporre soluzioni di medicina personalizzata basate sui dati reali della persona.
L’altro giorno mi trovavo in un Apple Store. Ho chiesto informazioni su uno smartwatch e la commessa ha iniziato a farmi domande… sanitarie. Non per farmi una diagnosi, ovviamente, ma per capire quale dispositivo sarebbe stato più utile al mio profilo fisiologico. Non era medicina, ma era educazione sanitaria applicata alla scelta di uno strumento tecnologico. E questo, cari medici, sta già succedendo ogni giorno, fuori dagli ambulatori.
Nel frattempo, vedo molti medici frequentare corsi di respirazione, alimentazione, marketing, o incontri sull’intelligenza artificiale che, spesso, restano più teorici che operativi. Tutto utile, per carità. Ma mentre parliamo, l’industria dei dispositivi wearable corre. Ogni giorno lancia novità clinicamente rilevanti, molte delle quali già certificate come dispositivi medicali.
Eppure, c’è ancora chi li chiama “gadget”. Alcuni di questi smartwatch sono, di fatto, Holter cardiaci o pressori sempre attivi, con tracciabilità, allarmi, analisi e possibilità di integrazione con sistemi di intelligenza artificiale già operativi.
Come dice Forrest Gump: “Stupid is as stupid does.”
Tradotto: non è intelligente trattare strumenti clinicamente validi come se fossero giocattoli.
E c’è di più. La vera chiave si chiama connettività. Con il 5G e l’eSIM, che non occupa spazio , questi dispositivi diventano porte di accesso permanenti a infrastrutture computazionali enormi. Un banale orologio al polso può raccogliere dati e inviarli in tempo reale a sistemi di intelligenza artificiale ospitati in server farm grandi come palazzi. Nessun limite, nessuna attesa, nessuna distanza.
📌 In sintesi:
- Non è la tecnologia a sostituire il medico, ma la mancanza di aggiornamento.
- Chi comprende il potenziale degli strumenti digitali può accompagnare il paziente meglio, con più continuità e precisione.
- E a volte – e questa è la vera provocazione – può farlo anche chi medico non è.
Non si tratta di cedere il proprio ruolo, ma di riappropriarsene con nuovi strumenti.
Perché chi oggi tratta un dispositivo medico certificato come un giocattolo, non sta solo ignorando la tecnologia: sta ignorando il presente.
Sergio d’Arpa